“Altissima, purissima…” recitava un iconico spot di acque minerali. Ma ne siamo proprio sicuri?
Un’organizzazione non profit di giornalisti indipendenti, Orb Media, ha condotto un’inchiesta sulle acque in bottiglia di plastica, col supporto tecnico della Fredonia State University of New York per le analisi di laboratorio.
Il dato emerso desta preoccupazione: sono state rinvenute mediamente 10 particelle di plastica/litro del diametro uguale o maggiore a un capello umano, indipententemente dalla marca delle bottiglie.
Lo studio ha coinvolto 11 diversi brand di acqua in bottiglia, per un totale di 259 bottiglie in 9 Paesi diversi: Aquafina, Dasani, Evian, Nestle Pure Life, San Pellegrino, Aqua (Indonesia), Bisleri (India), Epura (Messico), Gerolsteiner (Germania), Minalba (Brasile), Wahaha (Cina). Le fasi diacquisto e la consegna sono stati sottoposti a controllo video per escludere il rischio di contaminazione.
Come si rivela la presenza di queste particelle? I ricercatori hanno utilizzato un colorante, il Rosso Nilo, in grado di legarsi alla plastica e di renderla fluorescente quando colpita da luce di una determinata lunghezza d’onda.
C’è da sottolineare che la marcatura con il Rosso Nilo può generare dei “falsi positivi”, colorando anche altri composti come gusci e alghe, che, in teoria, dovrebbero essere ugualmente assenti nelle acque imbottigliate.
Le microparticelle più grandi di 100 micron (corrispondente all’incirca al diametro di un capello) sono state isolate mediante filtrazione e poi sottoposte ad analisi che hanno rivelato la loro natura, ovvero plastica. Ci sarebbe inoltre un’elevata concentrazione di microparticelle più piccole di cui, però, non è stato ancora possibile determinare la composizione.
Per quanto concerne la fonte di contaminazione, le microparticelle certamente di plastica, potrebbero derivare dall’atto di apertura della bottiglia: svitare il tappo provocherebbe la caduta di minuscoli frammenti di polipropilene all’interno della bottiglia.
Le aziende produttrici delle marche coinvolte nell’analisi, ribadendo la scrupolosità dei propri meccanismi di controllo, hanno affermato che le microplastiche sono talmente diffuse che non è possibile escludere completamente la possibilità di contaminazione del prodotto dall’aria, dai materiali di imballaggio o durante il processo di imbottigliamento.
Questi risultati devono ancora essere sottoposti a processi di revisione e verifica, oltre ad essere arricchiti con ulteriori dati. Inoltre le tecniche per il rilevamento delle microplastiche sono relativamente nuove e questo potrebbe essere alla base di problemi metodologici.
Attualmente non ci sono prove che dimostrino danni per l’uomo derivanti dall’ingestione di microplastiche, ma non ne conosciamo ancora gli effetti a lungo termine. La situazione, quindi, pur non dovendo generare allarmismo, è da monitorare.
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